Kiun informi? Resoconto della discussione
Ecco un resoconto della discussione tenutasi lunedì 24 maggio sul tema “Kiun informi? Esperanto estas por ĉiuj, sed ne ĉiuj komprenas tion”. Uno degli intenti della serata era cominciare la pianificazione dell’attività informativa dell’anno prossimo, in questa prima fase concentrandoci sui principi fondamentali, tralasciando (ma solo temporaneamente) la fattibilità o meno da parte della nostra piccola associazione. I temi affrontati verranno ulteriormente sviluppati, fino ad arrivare a dei progetti concreti.
Quanto potete leggere qui è quanto io ho colto e memorizzato della detta discussione e naturalmente è soggetto alla mia interpretazione. Tutti i commenti saranno benvenuti e sono sicuro che saranno utili a sviluppare ulteriormente il tema.
Punto di partenza per la discussione sono stati gli argomenti proposti da alcuni soci tramite posta elettronica, in particolare mi sembra che ci fosse una certa convergenza a proposito dell’importanza dell’attività nei confronti delle scuole.
Quali scuole? A ragazzi di quale età? Cosa sarebbe più proficuo, università, scuole superiori o scuole medie?
La platea deve essere costituita da allievi sufficientemente giovani per non avere preconcetti e contemporaneamente sufficientemente adulti per non essere troppo soggetti alle opinioni di genitori e insegnanti.
Ci sono esempi di attivisti che hanno imparato l’esperanto alle scuole medie inferiori e hanno proseguito fin da allora ma più spesso si impara l’esperanto in età più avanzata. Dal punto di vista dell’offerta informativa e dell’offerta di corsi di esperanto, se si decidesse di concentrarsi sulle scuole medie inferiori, tale offerta potrebbe risultare poco efficace, se negli anni successivi (ovvero nelle scuole superiori) i ragazzi non ricevessero altrettante offerte. Insomma, sembra fondamentale portare informazione e offrire corsi di esperanto ai ragazzi che frequentano i licei, forse più negli ultimi 3 anni.
Un metodo può essere quello di prendere contatti con i dirigenti scolastici, rendendo nota la nostra disponibilità ad organizzare conferenze per i ragazzi. Tutti approvano la proposta di Diego, che dice che si potrebbero proporre i corsi di esperanto come alternativa formativa per gli allievi che non usufruiscono dell’ora di religione.
Gli universitari rimangono comunque un pubblico irrinunciabile a cui pubblicizzare i nostri corsi di esperanto.
Costituiscono possibilità interessanti anche l’università popolare e l’università della terza età. L’esempio dell’attività di Piermichele Giordano è importante in questo ambito, in quanto ha organizzato numerosi corsi in tutto il Piemonte, soprattutto nelle università della terza età.
La proposta di Pedro comprende anche l’informazione verso gli insegnanti e gli insegnanti in pensione. Questo tema non è stato sviluppato a fondo ma forse Pedro potrebbe proporre come avvicinare questo tipo di utenza.
Una platea nuova e molto interessante a cui rivolgere la nostra informazione è quella di Porta Palazzo, che nelle scorse domeniche ha visto la presenza del gazebo esperantista. I pareri non sono concordi a questo proposito. Sicuramente positivo il parere di Manuela, come si è potuto leggere nell’articolo pubblicato sul sito la settimana scorsa. L’iniziativa “Lingue in piazza” è un ambiente in cui è possibile avvicinare le persone e instaurare un contatto personale, scambiare esperienze e spesso si incontrano interlocutori con esperienza diretta di problemi linguistici, di comprensione di una lingua straniera ed espressione in una lingua non propria. D’altra parte si incontrano anche tanti immigrati “nuovi”, ovvero persone che sono appena arrivate in Italia, con conoscenza dell’italiano molto scarsa e talvolta con livello culturale ridotto. Per costoro probabilmente l’esperanto non è utile in questo momento, adesso devono risolvere problemi molto più tangibili e legati al quotidiano. Sono comunque anche numerosi gli immigrati con livello culturale elevato, nonché ormai è grande la popolazione torinese di origine straniera inserita molto bene nella società e magari “di seconda generazione”. Costoro sono sicuramente un pubblico potenzialmente sensibile ai problemi linguistici e quindi alle tematiche esperantiste. Nel consiglio direttivo della Gioventù Esperantista Italiana ormai da alcuni anni sono presenti consiglieri di origine straniera.
Discorso completamente diverso è quello legato alle relazioni del CET con i partiti politici. Noi siamo, per statuto, apolitici ma questo non significa che non dobbiamo avere contatti con i partiti, sempre che il partito non chieda poi che il Centro Esperanto dichiari il proprio appoggio al partito stesso. Sicuramente la politica è importante per ampliare le nostre possibilità di farci conoscere, in particolare all’interno delle istituzioni. D’altra parte personalmente non sono sicuro che avere l’appoggio di un partito ci possa far conoscere nuovi potenziali attivisti esperantisti. Rivolgerci a platee molto ampie spesso comporta uno sforzo organizzativo elevato con risultati sovente poco soddisfacenti.
In generale gli ambienti e le associazioni dove si tratta di intercultura, meglio se con la possibilità di parlare direttamente ai nostri interlocutori, sono il settore ideale a cui rivolgerci. L’esempio tipico è l’ambiente del CentroStudiSerenoRegis, con cui però finora non siamo riusciti a far fruttare la nostra presenza nella sede. Erano state discusse alcune proposte dei dirigenti del CSSR ma non le abbiamo ancora finalizzate. Questo è un punto che ritengo molto importante e dobbiamo essere noi esperantisti ad avvicinarci per primi a loro, senza aspettarci che le altre associazioni siano immediatamente interessate ai nostri argomenti.
L’esperanto è per tutti. Ma noi dobbiamo sfruttare al meglio le nostre forze e focalizzare l’impegno verso gli ambienti che più facilmente potrebbero recepire positivamente le nostre argomentazioni. La cosa fondamentale è concordare una strada comune, in modo da concentrare l’impegno di tutti noi nella stessa direzione, senza disperderci in iniziative personali, che spesso tolgono energie e quindi efficacia alle iniziative decise in comune.